lunedì 31 dicembre 2012

LA NATURA COME CLASSE LOGICA E IL SUBLIME EQUIVOCO DEL “DEUS SIVE NATURA” DIO COME NATURA



“La classe è un aggregato di enti.  La classe di tutte le classi è aggregato di tutti gli enti possibili: la Natura”.
 (Palermo 2012)




Col termine “Natura” si designa l’Insieme o il Tutto delle cose che esistono in questo Universo: l’insieme di tutti gli enti, la totalità degli esistenti e del loro essere, siano essi visibili o invisibili. Tutti, proprio tutti.
             Perciò, “Natura” è tutte le cose, perché nessuno ha mai visto nell’Universo la Natura come singolarità. Essa è quindi definibile come la Classe di tutte le classi degli enti dell’Universo.
            La Natura come Universale e Insieme di enti è razionale, cioè possiede un codice algoritmico per ogni sua singola  classe e suoi valori o elementi. La matematica la esprime nella sua obiettività e nella ragione logica.
            Questo è un concetto e una realtà, quindi, che appartiene alla logica. E’, cioè, un concetto derivato, e di seconda istanza. Vale a dire, ancora, che le leggi della disciplina logica e matematica che riguardano rispettivamente le Classi e gli Insiemi sono meno primitive di quelle che riguardano i concetti direttamente astratti e ricavati dalla realtà: prime e seconde intenzioni.
            Nel dominio dei predicati di secondo livello o seconde intenzioni (la logica) c’è  un qualcosa di immediato e un qualcosa di derivato: estensione e intensione.
            Ora, tutto questo discorso mi pare appartenga alla scienza della logica come scienza del pensare e, perciò, esistente solo nella mente: è un suo prodotto. Esso, di conseguenza, non è una realtà obiettiva, non appartiene all’ontologia. Nella logica, però, esiste una legge ferrea e ben precisa che riguarda la Classe e gli Insiemi e, naturalmente, la Classe di tutte le classi. Questa legge logica recita così: le Classi non possono far parte dei loro valori. Vale a dire che gli “elementi” o valori di una Classe non sono la classe e viceversa. Per esempio: la Classe dei bicchieri non è un bicchiere; meglio: un bicchiere non è la sua Classe, come la Classe degli uomini non è un uomo.
            Dire: “l’uomo” significa “Tutti gli uomini”: il vecchio universale della Scolastica.
            L’analogia col nostro dire sulla “Natura” è sorprendentemente evidente per demonizzare ed espellere dal discorso seriamente scientifico ogni riferimento causale con il concetto di Natura.
            Perciò, quando i filosofi identificano Dio con la Natura simpliciter (Deus sive Natura) commetteno una fallacia: la fallacia che confonde l’Essere Assoluto (Dio) col concetto logico di Natura, come se la Natura fosse “una” realtà o sostanza metafisica, mentre è solamente un concetto mentale o universale logico: la Classe che indica tutti gli esseri esistenti. La fallacia rimane anche se si considera la Natura come “Sostanza” e causa di se stessa, necessaria e creatrice di tutto, eterna, infinita: Dio (Spinoza). Perché delle due l’una: o la Natura è Sostanza reale ed obiettiva, ontologica, oppure non lo è. Ma se la Natura è considerata come la sostanza nel senso della metafisica aristotelica, allora qui si teorizza una specie di “Anima mundi” che appare nelle cose visibili e nei fenomeni del mondo. Addirittura è ipotizzata una divinità o un “Dio” chiamato “Natura” e con essa identificato: Deus sive Natura. Ma allora siamo nel teismo cosmologico classico, perché per “Natura” si intenderebbe un Dio: una Sostanza divina e i suoi fenomeni. Ora, questo Dio dai fenomeni contingenti che tipo di Dio è, se la Natura è in divenire? Cosa veramente misteriosa, se il divenire è imperfezione.
            Così anche: quando i moderni positivisti, fisicalisti, materialisti, miscredenti e quant’altri “scienziati” del settore affermano che la Natura produce, per esempio, la selezione naturale delle specie, commettono un’enorme stolta fallacia. Essi attribuiscono ad una relazione logica il potere concreto di gestire una proprietà e una potenza selettiva che produce specie nuove ed esseri sempre più perfetti sino ad arrivare all’intelligenza ed all’autopercezione o autocoscienza nell’uomo sapiens sapiens. Quanto sia precario questo discorso è presto detto1.
            In conclusione: gli “scienziati” del settore sono pregati di non usare più il termine “Natura” per indicare una Materia o realtà onnicomprensiva e onnipoderosa come un Dio che crea se stesso (?) e tutto il resto. Questo concetto che ha dominato l’intero secolo scorso e più del nostro tempo, a ben vedere non è la ule aristotelica priva di forme (materia prima) ma è come una Madre che nella temperie mediterranea genera continuamente, per intrinseca sua potenza e forza, i suoi figli o prodotti (evoluzionismo fisicalista). Se “Natura” sono tutti gli enti reali, allora quale degli enti genera tutto? Una stella, un albero, un uomo, un bicchiere?
            Ora, sembra chiaro che il materialismo riprende il suo concetto di Materia dal mito mediterraneo e non dalla metafisica che è altra cosa. Il pregiudizio fisicalista, che ha avvelenato le menti dei giovani e meno giovani di tutto un secolo di prodotti criminali, è scaturito proprio da questo iato: l’equivoco del mito scambiato per metafisica materialista. Le centenarie elucubrazioni per cui tutto l’esistente proviene dal basso significa aver privilegiato la struttura dell’evento più che l’essenza di esso. Caduto l’essenzialismo e il concetto metafisico di sostanza si credette di poter subito istituire un moderno e limpido modello di filosofi non più legati alla vecchia e insolente metafisica. L’esistenzialismo ha dominato l’Europa gloriosamente per tutto il dopoguerra ad iniziare dal filosofo Søren Kierkegaard e, con drammi e commedie, col filosofo Sartre e l’antimetafisico Heidegger, per poi planare dolcemente nel pensiero nichilista e nella morte di Dio che dell’uomo è una bella proiezione. Ma la proiezione, se muore, indica che il proiettato non funziona più perché non esiste chi proietta (?!), se non proietta. Siamo, perciò, nella più vile delle responsabilità intellettuali che, però, bisogna impugnare col genio della Scienza e della Sapienza.
            Impugnare e battere il pregiudizio materialista è e sarà il nostro non facile compito. Noi crediamo che questo può essere fatto dal movimento della             Nuovissima Scolastica che, con un rinnovato e severo rapporto tra le scienze moderne e la dignitosa e sublime metafisica platonico-aristotelica, raggiunge una piattaforma culturale di matrice cristiana che il mondo moderno ci dovrà invidiare.
            I “Nuovi ateismi” che danno dell’imbecille (Comte – Sponsille) a chi crede che un Dio esista, collocando invece i nuovi atei in un Paradiso chiamato “sapere”, essi enunciano un insulto ai fideisti dogmatici perché sarebbero semplicemente degli imbecilli creduloni. Il sapere sarebbe la scienza bella e buona che, però, confondendo la “Natura” con la Sostanza del Mondo, e la Materia con la sostanza della Natura che è, invece, un semplice concetto logico, essi dichiarano di aver capito poco della strada che porta alla verità (Penrose). A dopo!



1 Cfr. il mio: L’anima e i suoi prodotti (…), cit. p. 159 ss.

Recensione all'"Anima nell'universo della Galassie"

Recensione all'"Anima nell'universo della Galassie"
Recensione del p. Francesco Cultrera s.j. al saggio sull'"Anima nell'universo delle galassie": La Civiltà Cattolica, 166/4 (2015), pp. 302-303