martedì 20 novembre 2012

CONTRATTACCO PER MARGHERITA HACK E COMPAGNI ATEISTI, VITAMINE DELL’INTELLIGENZA PER MATERIO-POSITIVISTI



di ANTONY LIGIJER

* * *

            Veniamo informati, da un’intervista al giornale Pubblico (26/10/12), che l’astrofisica Hack fa un’interessante confessione e una dichiarazione testamentaria: 90 anni. La cosa per cui vale la pena ancora di lottare sono le seguenti:
  1. Un’esistenza atea, fondamento di quelle “cose”.
  2. Una fede formidabile nella “materia”, la sola che ha base scientifica.
  3. Una assoluta miscredenza in Dio, nell’anima e… nell’Al di là.
  4. Ed, infine, lottare per dichiarare, in modo solenne, che finalmente ci si rende conto che il nostro bel Paese-Italia «è in via di sottosviluppo».
  5. Tante altre magnifiche scoperte che val la pena testamentare a futuro sollievo pedagogico dei giovani.
Non ci prolunghiamo, ma iniziamo a far scienza da una cattedra non certo profumatamente pagata come quella, ma solo di origine naturale: un hobby religioso.
            Scienza (e caso scientifico) significa fare affermazioni e pronunciamenti dimostrati. Dimostrare vuol dire rendere evidenti e toccabili con mano le affermazioni che si fanno con argomenti ineccepibili, come in matematica. La tecnica di ogni dimostrazione nelle scienze speculative è quella del sillogismo aristotelico, e nelle scienze sperimentali è la conferma della verifica empirica: la battaglia positivista. Poiché tutto è materia, come afferma la Hack, l’unica dimostrazione di evidenza è quella empirico-sperimentale.
            Mi domando: cosa è questa materia di cui tanto si parla in giro per fisica ed affini? E’ abbastanza evidente che siamo circondati da “questa cosa” (materia) ben solida e percepibile senza ombra di alcun dubbio. I nostri sensi sono affascinati dalla solida bellezza della materia che, addirittura, nel corpo umano, raggiunge apici di raffinata eleganza e armonica dolcissima felicità ed esaltato piacere. Possiamo, anzi dire che, per esempio, l’eros procurato nel nostro corpo materiale è la più straordinaria ed affascinante “cosa” che possa accadere in tutto l’Universo delle galassie e delle stelle, degli uragani del mare e dei fiori di Primavera.
            Pare che il suo dominio sulla terra sia assoluto tra gli uomini e le donne: tutto si fa per “amore” e la gioia del cuore: i neuroni plastici di strana materia grigia elaborano tutto questo ed altro ancora.
            Perciò, la Margherita ha tanta ragione da vendere nell'affermare che l’unica sua fede sia nella materia. L’unica realtà è la materia. L’unico modo dell’essere è la materia che, nell’uomo, meteorite parlante, produce addirittura tali forme di piacere da essere considerato come un assoluto.
            Mi concederà la Hack, e cari compagni e compagne, che mi trovo di fronte ad una irrefrenabile, formidabile e simpatica poesia e ad una bella esperienza descritta in modo che non si possa rifiutare. Chi può negare, senza essere deriso, che il sole sorge la mattina di primavera alle ore sei e trenta circa, secondo il parallelo, e tramonta la sera, calando dall’altra parte, alle ore 19,30 circa, secondo il parallelo? Alla barba di Galileo e Copernico e dei loro illuminati seguaci! Se anche la Sacra Bibbia, parola divina, lo conferma con quel “fermati o sole!” di Giosuè figlio di Nun?! Abati e chierichetti vorrebbero sparigliare la poesia dei sensi con quella loro impettita scienza della ragione e della mente o anima, ecc. ecc. La materia è tutto. I sensi lo confermano.
            E l’anima? Solo un’illusione.
            Ma cos’è la materia, si domanda la scienza?


Materia, massa, densità di campo
La fisica dello spazio-tempo

Che significa «credere nella materia». Cosa è la materia

            Mi sembra ovvio chiedersi che prima di affermare che si «crede nella materia» bisogna dire cosa è materia. Solo dopo aver detto cosa è materia io posso affermare che credo in essa senza alcun dubbio. Diversamente io ragionerei come un teologo che dicesse «credo in Gesù Cristo» senza prima sapere se c’è un Gesù storico: fides quaerens intellectum.
            Perciò dire seccamente, come fa la Nostra, di «credere nella materia» equivale a proclamare il mito irrazionale di tale materia. Essa ha tenuto corda, nel gioco della cultura occidentale, per molto tempo. Ma «la Materia così intesa», mi diceva un caro amico, ormai al di là dell’orizzonte degli eventi del cosmo, non è la “Ule” aristotelica priva di forme (materia prima) ma è una specie di gran madre vissuta per tanto tempo nel Mediterraneo. Essa genera, per sua intrinseca potenza e forza, continuamente i suoi figli. E’ la partenogenesi di una Vergine del mito che non ha bisogno dell’apporto di Giove per generare gli dèi e tutto il resto. Il materialismo ed ogni forma di fisicalismo positivista, e quant’altro di genere evoluzionista, come crede la Margù, non attingono il concetto di materia dal sito della metafisica ma da questo mito mediterraneo, e fanno una battaglia culturale enormemente risibile perché  sganciato dalla ragione scientifica ed immersa nel “sacro mito” mediterraneo.

* * *

            I fisicisti, i neuro-scienziati, i positivisti e simili movimenti del cuore in realtà non fanno altro che descrivere le performances di questa cosa qua che è la materia, la massa, la densità di campo, lo spazio-tempo di Einstein. Ma a dire “cosa è” essenzialmente la materia ancora si sta studiando di bello: si cammina per «la strada che porta alla realtà» (Penrose, uno dei più grandi fisici).
            Allora, per la fisica moderna cosa è: materia?
            Le definizioni sono parecchie. Indicano una reciproca affinità che spesso va a finire non nell’ambito di una vera ricerca scientifica, come la meccanica quantistica, nella classica percezione intuitiva (perché è così)  di menestrelli “cattedratici” che discettano di problemi fondamentali della ricerca scientifica senza sentire il bisogno razionale del processo dimostrativo.
            Mi pare che chiamare materia tutto ciò che occupa uno spazio è un bel circolo. E’ proprio questo che noi vorremmo sapere: cosa è questa spaziale massa inerte che ci circonda.
            Lo stesso si può dire della materia come ciò che si tocca, si può prendere a calci, si vede e si esperisce ecc. ecc.[1].
            La meccanica quantistica collegata alla teoria della relatività e della fisica delle alte energie sembra che faccia appannare, nella ricerca contemporanea, questo concetto rigoroso di materia come corposità e massa. L’aver dimostrato (Einstein) che materia è uguale ad energia (compattata?) e che la gravità come proprietà intrinseca di essa è un concetto geometrico spazio-temporale fa pensare chiaramente a “qualcosa” ancora molto poco conosciuta. L’aspetto ondulatorio, le funzioni d’onda, il rapporto materia-campo, la fisica delle particelle elementari o quantistica ci danno un’immagine della materia perfettamente matematica, lontana dalla concezione fisico-chimica classica2. Se poi si aggiunge a tutto questo la scoperta di una realtà subatomica dal comportamento indeterministico, allora il quadro concettuale complessivo fisico-chimico della materia inerte, come sembra, si fa talmente nuovo da intravedere addirittura “epiloghi metafisici” e “sogni” scientifici che attingono campi impossibili nell’epoca positivistico-materialista3.
            Allora, cosa è materia? Pare si comincia a parlare addirittura di “oggetto della metafisica”4, e la metafisica è per eccellenza la scienza del soprasensibile e dello spirito o mente o anima: la ragione non algoritmica! E la “particella di Dio”, ricercata e trovata dal CERN di Ginevra (2011) per sapere se è la fonte della materia o cosa altro?
            Perciò, dire «credo nella materia» è lo stesso che dire: «credo in Dio, Padre Onnipotente…».
            E dello spirito, o mente o anima, visto che se ne parla, cosa dobbiamo dire. Come possiamo salvaguardare la realtà dell’autocoscienza, della mente o anima, dello spirito e del “conoscere”?
            Diceva giustamente Karl Popper che: «l’uomo e il suo spirito non hanno bisogno di apologie. Né la legge della conservazione dell’energia e della quantità di moto né alcun’altra legge fisica, e neppure una probabilità o una propensione, lo hanno portato a costruire le piramidi o a scalare l’Everest. Egli ha raggiunto vette anche più alte nella scienza, nell’arte [nella religione cristiana radice della civiltà moderna] e in molti altri campi».
            Il Popper riconosce che questo epilogo del suo “Poscritto alla logica della scoperta scientifica” è un sogno metafisico, ma di una metafisica degna di questo nome. E l’aspirazione propria di ogni metafisico è quella «di riunire tutti gli aspetti veri del mondo (e non solo i suoi aspetti scientifici) in un’immagine unitaria che può illuminare lui e gli altri: un’immagine più vera». Il criterio è sostanzialmente lo stesso che nella scienza.
            Approvo pienamente questa illuminazione di un vero razionalista che nel suo realismo fa balenare l’idea che, in fondo, la verità è un fatto metafisico, non certo esperibile dalla materia dei sensi…
            Mi sembra abbastanza per dire, in conclusione, alla simpatica Margherita e a tutti i material-positivisti di questo mondo che il loro arrogante abbaglio minimalista non è che una pesante ipoteca per la ragione scientifica. Il materialismo, inteso così, è un immenso… banco di nebbia che, purtroppo, si espande sempre più nelle nostre terre cristiane oscurando la luce che il Logos divino era venuto a proiettare nel mondo per farlo risplendere di giustizia, pace, salute e bellezza. Tutto questo è spirito, mente, anima: altra cosa della materia, senza allusioni a molto improbabili epifenomeni.




[1] Cfr. A.D. Aczel, L’equazione di Dio. Einstein, la relatività e l’universo in espansione, tr.it., Il Saggiatore, Milano 2000, p. 163 ss.
2 Cfr. K. Popper, Poscritto alla logica della scoperta scientifica. III. La teoria dei quanti  e lo scisma nella fisica, Il Saggiatore, Milano 1984, pp. 180 ss. 197 ss., 200 ss.
3 Cfr. K. Popper, op.cit., conclusione.
4 Cfr. J. Hogan, La metafisica delle particelle, in “Le Scienze”, aprile 1994, n° 300. V. Pables, op.cit., pp. 173-79..

mercoledì 14 novembre 2012

Gli intrusi nella terra della conoscenza: anima, linguaggio, romanzi e computers


“Non si coglie la bellezza della rosa dissezionandone i petali”
 (un saggio pellerossa)



Il 17 Settembre 2012 Noam Chomsky, pluridecorato di fama mondiale, teorico del linguaggio e della comunicazione, ha ricevuto  alla SISSA di Trento la laurea “Honoris causa” in Neuroscienze cognitive. L’avrà certamente meritato: l’Università che lo decora riceve un bel lustro.
Un altro importante pensatore, Edoardo Boncinelli, neurobiologo, credo che aspetti qualcosa del genere da qualche prestigiosa Università, magari americana. Il merito sarebbe, finalmente, che si è scoperto che «l’anima è solo un’illusione»            ( Corsera 6.9.2012, p. 41).
Infine Ken Follett, esimio romanziere, si appresta ad incassare una collina di soldi per l’ultima storia romanzata: L’inverno del mondo. Egli afferma (Corsera “Sette” 7.9.2012, p. 32) di non essere per niente religioso, di non credere in Dio o nei segni del destino, e in tutte le superstizioni. «Le domande brucianti sul senso della vita» - confessa a E. Vigna, giornalista che lo intervista – «hanno avuto risposta nella mia gioventù, durante gli studi universitari di filosofia e, perciò – glissa – non avrei nulla di cui parlare col Papa, col Dalai Lama o con l’ayatollah Khamenei».
Sono tre figure diverse: un romanziere, uno studioso del linguaggio e un filosofo della mente. Ma la proprietà che li accomuna, in modo primario, è già dichiarata dal Follett: nessun credo religioso è la scelta culturale decisa nella propria formazione giovanile. Tale decisione li giustappone tutti, in modo ideale e romanzesco, nella più dignitosa scienza che definiamo non-euclidea: da principi affatto acclarati si procede verso la costruzione di varie scienze speculative e romanzi empirico – pragmatici.
Infatti, quando si dice che «l’anima è solo una illusione» e si colloca il ragionamento nel campo minato della «scienza che supera il dualismo tra la mente e il corpo» (Boncinelli) allora è parecchio chiaro di che scienza si tratti. E quando si discetta nel romanzo: Quel che resta dell’anima di «nozioni confuse e inverificabili che conducono al fiorire delle mitologie passate e presenti» sull’anima, allora il bel racconto è ben servito. E che dire poi se queste nozioni confuse «ci trascinano in una nebbia di frasi fatte (sottolinea mia) e pregiudizi (…) che attivano in noi reazioni immediate e poco razionali»?
Cosa è una nebbia di frasi fatte? Eccola: ciò che è inverificabile, una mitologia passata e presente, nozioni confuse, superamento di un credo religioso e infine, un’anima iperuranica…
Una frase  fatta significa confezionata senza alcun rigoroso “criterio di senso” e senza alcuna logica scientifica. E mi pare che la disamina che si fa in quel romanzo per sapere cosa resta dell’anima, nella sua nozione platonica, manifesta una enorme catasta di frasi costruite e fatte dalla raffinata e pressappochista platonico-mitologica neurofisiologia moderna. La dimostrazione è che tutti gli scritti dei ricercatori della disciplina  suddetta dicono le stesse cose copiandosi l’un l’altro con linguaggi spesso veramente raffinati.
Perciò, chi continua a dire certe cose sul problema dell’anima o mente o psiche o che diavolo sia è appaiato, e rigorosamente allineato, alla fraseologia di enunciati della tradizione neoplatonica, religiosa, ascetico-giansenista che in Sant’Agostino, come sottolinea nel romanzo lo stesso autore, ha trovato la sua esplicita radice. Le frasi fatte nella nebbia di corposi pregiudizi sono, perciò, prerogativa non certo della scienza genuina che sempre si rinnova, ma di romanzesche scritture confezionate da abili scrittori per il gran pubblico di scettici bigotti. Di tutto ciò ne è chiara espressione la grande gaia confusione che si fa sul tremendo problema dell’anima. Le «nozioni confuse e inverificabili» sono, per esempio, quelle che riguardano i rapporti tra la scienza e le fedi religiose. Infatti i contenuti delle fedi religiose, appunto perché credibili e «riposanti» ma ovviamente senza esperienza, non hanno nulla a che spartire con la ricerca scientifica, e viceversa. Una scienza che vuol mettere naso negli enunciati di una qualsiasi fede religiosa rischia il ridicolo di navigare in un mare alieno. Come una fede religiosa che voglia immischiarsi, come ai tempi di Galileo, in problemi della scienza precipita nella trappola dell’incompetenza.
Quando Joseph Le Doux, neuroevoluzionista di grido, a proposito dell’identità di ognuno di noi, dice: «tu sei le tue sinassi» ( canali vuoti tra elementi del cervello) e quando aggiunge, con allegra ignoranza, che Tommaso d’Aquino «credeva [….]  che il corpo resuscitasse e fosse ricongiunto all’anima nel Giorno del Giudizio», appaiando detti discorsi con la teoria antropologica tomasiana che sostiene che: le qualità intellettuali immateriali della mente garantiscono l’immortalità dell’anima, fa vedere che su questi argomenti deve imparare ancora parecchio prima di discettare con sufficienza e poca serietà scientifica. Quelli sono argomenti della fede e della scienza teologica e non dell’antropologia filosofica tomasiana come psicologia. Dice giusto lo stesso S. Tommaso, che studiò bene questo strano ed ingarbugliato rapporto, che: voler provare la fede con argomentazioni prese in prestito dalla ragione umana si rischia il ridicolo (Summa). In questo contesto il termine “fede” vale per i due campi del sapere e nei due versi: scienza e fede.
Spesso la ragione filosofica e scientifica ha le sue intuizioni fideistiche: la fede laica; oggi è sorta anche la morale laica. Esse, però, rischiano il ridicolo della contraddizione e il flop dell’antinomia. Infatti siamo alla presenza di una fides laica che invoca, guarda caso, una comprensione di stampo aristotelico cioè un empirismo più genuino di quello moderno (William James) o come si esprime Hillary Putnam: Aristotele dopo Wittgenstein.
Ma già ne abbiamo conferma dal gran fisico-filosofo Roger Penrose quando scrive, per esempio, che: «la nostra fede nel sistema dei numeri reali è stata ricompensata». Questa fede laica però raggiunge, di fatto e molto spesso, il fondamentalismo, il più razzista che si possa immaginare: quello dello scuro pregiudizio immobilista e discriminatorio. Ormai è da più di un secolo che sentiamo le lagne evanescenti empirico-positiviste e logico-empiriste, come a dire: la logica è il prodotto dei sensi attivati e circuminsessi dai neuroni cerebrali, e viceversa.
Ho sottomano un ilare e gaio discorso fideista di un bimestrale di scienze:         “ darwin” [sic] popolarizzato da uno che si dichiara, credo, scienziato, e che vuole discutere di «matematica e geometria della coscienza»: parole forti. Colà si afferma che: «per la prima volta una teoria scientifica prova [tenta] a spiegare come il caleidoscopio delle esperienze nasce da un pugno di materia grigia». Suppongo che questa materia grigia sia il cervello con la sua misteriosa corteccia che sembra produrre tutte le nostre belle esperienze, compresi gli stati mentali. E’, certo, una teoria, e quindi «essa non equivale ad una spiegazione. E tanto meno a una spiegazione in termini di leggi esprimibili matematicamente, come in fisica» (Anno 1, n. 4, (2004), pp. 36-38). Non riesco a capire a quale tipo di scienza appartenga tale teoria: mi informerò con Gödel.
È spiegato così il folle declino dogmatico della sapienza occidentale. Di queste condizioni culturali, immerse «in regioni prelogiche (…) ambigue, polisemiche, fino a considerare mistico ciò che è spesso solo confuso e contraddittorio», da parte di piccoli e saputelli personaggi che galleggiano nel mondo della ricerca scientifica, ne è piena zeppa tutta la terra nel chiaro soffocamento della verità. Il paraocchi fideista è appaiato all’arroganza e al dogmatismo della condizione psichica di molti scienziati. Essi, molto spesso, prendono in prestito dal Medioevo teologico, paradossalmente ed il modo inconscio, l’anselmiano credo ut intelligam io credo perché possa capire. Ma al posto della fides  (credo) «magica e religiosa» nel Cristo Risorto da morte sicura, si è sostituita la fides nelle dogmatiche subiettive e categoriche di parecchi processi scientifici affatto acclarati da prove apodittiche. Soprattutto si è rimpiazzata una profonda isterica avversione a Dio e al suo Cristo. Da lì poi si è proceduto, senza severa dialettica o alcun dignitoso e solido passaggio di rispetto della scienza e della logica e della ricerca scientifica, alla comprensione razionale (illuminismo) dei medesimi contenuti fideisti: un’autentica scienza non-euclidea che fa a meno di chiarificare i propri principi; altro che «pulizia semantica»!
Fin qui riconosco che il mio discorso è solo una semplice opposizione, molto epidermica, alle varie esposte osservazioni. Per andare in profondità nella discussione veramente scientifica dei problemi e dei grandi interrogativi sull’anima o mente o che diavolo sia, bisogna avere la pazienza di andare a consultare il mio: L’anima e i suoi prodotti. Da Darwin giurassico a Platone celeste, Editrice Domenicana Italiana (EDI), Napoli 2011, pp. 380. Lì si dipanano, con rigorosa pazienza ed attenzione, tutte le discussioni scientifiche che cercano di sapere cosa è  anima e il suo primo divino prodotto che è il linguaggio.
L’aver privilegiata la teoria aristotelico-tomasiana dell’anima “forma” del corpo umano significa solo far scendere dall’Iperuranio platonico e salire dagli Inferi della materia meteoritica una nozione di uomo che è semplicemente una grande misteriosa sintesi (unicum).
Le due realtà: anima-corpo, cervello-mente non sono altro che l’uomo, un vero meteorite parlante, un “essere” sintesi, un unicum. Questa mia carne con la sua sublime struttura biologica è qualcosa di spirituale: un Io, un’identità in un ammasso di cellule continuamente cangianti e profondamente rinnovantesi. Il corpo che oggi noi portiamo in giro non è più quello del bambino di molti anni fa. Questo mio cervello, carne muscoli ed ossa, non è affatto la struttura biologica di allora. «Se si stesse a sottilizzare sulle cellule, Dio sa che cosa è cambiato da allora ad oggi» (Umberto Eco, Kant e l’ornitorinco, 1997, p. 281). Così anche questo mio spirito, o anima o mente è profondamente carnale quando percepisce la gioia e il dolore, il piacere e tutti i bei gusti dei frutti di natura.
Mi pare, perciò, che sia proprio questo «inconoscibile mistero» (Dio sa) del cambiamento fisiologico-cellulare che sta a indicarci, con forza, l’esperienza concreta della nostra propria identità, pur nel cangiamento totale e irriconoscibile del mio corpo e della sua struttura cellulare, atomica e subatomica, che lo compongono.
E mi sembra che sia il momento di dichiarare una messa al bando di ridicoli discorsi positivistico - scettici, illuminati da una ragione nichilista che sta ancora a battere indefessamente l’acqua nel mortaio di viete e fasulle teorie psicologiche che tendono al basso. È necessario un rinnovamento culturale che faccia della concreta ricerca scientifica, senza orpelli di condizionamenti sociali logico-positivisti e neuropsichici di maniera, una regione pacata che ricerca solamente la verità dell’essere che siamo. Perchè essa, la verità, è una ragione metafisica, non certo sperimentabile con i sensi: il sole non gira, checché ne dicano i sensi e gli Inquisitori contemporanei, razzisti e vendicativi, carichi di spiegazioni magiche e  iperreligiose. E’ questa fantastica palla celeste che gira come una trottola, nel segno della stabilità, che abbraccia la splendida stella che è il nostro sole; alla faccia dei sensi.

***

         E Noam Chomsky, ormai super decorato e laureato col suo linguaggio «precipuo» prodotto della mente? Ken Follet super romanziere e le sue pagine di bei racconti di un mondo onirico e senza Dio?
         Di Chomsky, e delle sue molteplici simpatiche teorie linguistiche, si dice che «bisognerebbe pubblicare un libro al mese poiché egli modifica le sue teorie con cadenza pressoché mensile!» (F. Fabro, Il cervello bilingue,1996, pag. 235). Una delle tante sue teorie, elaborate assieme ai colleghi supertecnologi dell’Istituto di Tecnologia del Massachusetts (MIT), è chiamata «minimalismo; Governement and Binding»: la struttura mentale e neuronale (cervello) che riguarda il linguaggio è solo un piccolo modulo “ultra ristretto”, ma dalle caratteristiche di assoluta efficienza (…) che permette il formarsi “logico” e distinto del linguaggio sintattico nei lobi del cervello, per poi uscire nella fonazione e nella comunicazione.
         Il discorso del Nostro, evidentemente pre-scientifico, tende al basso, perché «non c’è niente di mistico nello studio della mente come studio dei meccanismi [biochimici] del cervello a un livello astratto (…). Il mentalismo contemporaneo, col suo “stato funzionale” (…), è un passo avanti nell’assimilare la psicologia e la linguistica alle scienze fisiche» (Linguaggio e problemi della conoscenza, 1991, p. 10).
         Il linguaggio sarebbe, quindi, per tanti studiosi moderni «la caratteristica precipua dell’uomo che lo distingue dalle macchine (di Turing ?!) e dagli animali: una facoltà che gli deriva dal suo organo più sviluppato, il cervello, e che permette all’uomo di pensare, di generare idee e di esprimerle». E più  avanti, quando sarà passato, forse, un mese, scrive: «Nel corso della storia della scienza moderna ci sono stati tentativi di dare risposta a domande che oggi ci sembrano superate come, per esempio, la possibilità che esista una materia pensante» (Discorso per l’honoris causa, 2012). Mi domando: allora l’uomo cosa è: un angelo? O forse un meteorite che parla senza pensare? Tutto superato…
         Il discorso di Chomsky pare che dica: queste sono le teorie che oggi circolano negli ambienti della ricerca scientifica rigorosamente positivista ed empirista. Io, però, mi permetto di star sospeso, non facendo tifo per nessuno, ma tendendo verso il basso della fisica (materia) e della biologia (cervello): obiettivismo fisicista. Diceva giusto Baget Bozzo: «vien da sorridere! Se vi è una categoria che ha tenuto corda nel gioco in tutto questo periodo (XX secolo) è la Materia. Ma la Materia che non è la Ule aristotelica priva di forme [materia prima] ma è la madre mediterranea che genera, per sua forza, continuamente i suoi figli. Il materialismo riprende il suo concetto di materia dal mito e non dalla metafisica».
Ecco, quindi, il gran pregiudizio materialista dilagante per tutto il XX secolo ed oltre per cui tutto si spiega dal basso, cioè dalla struttura dell’evento. Ma è proprio dalla fisica che viene il colpo decisivo al mito della materia onniprovvidente: dalla quantistica con il suo principio di indeterminazione e dal flop del principio evoluzionista ormai scopertosi una grande oscena teoria che fa litigare, di bello, gli stessi suoi cultori (cfr. Edelman-Dennett).

***

         Con quanto detto non penso di aver spiegato granché né di aver dato argomentazioni efficaci per ridimensionare e battere il mito materialista addolcito con positivista, fisicista, ecc.). E neppure suppongo di aver fatto buona luce sull’equivoco dilagante delle neuro-(scienze) non-euclidee: me ne guardo bene. Ma, per cercare di capire, da diversa saggia angolazione, la prosopopea ostinata del “gran sviluppo delle neuroscienze che hanno reso finalmente ingombranti e superflui” le nozioni sull’anima e suoi prodotti, primo il linguaggio, invito eventuali lettori a sfogliare il mio: Linguaggio e comunicazione,  manifestazioni primarie della conoscenza, Editrice Domenicana Italiana (EDI), Napoli (prima di Natale) 2012, pp. 180 circa. Grazie!
E di Ken Follett e dei suoi vivaci romanzi nei quali non si fa mai il nome del Padre Eterno e del suo amato Figliuolo  Gesù Cristo? Come se nel mondo che lì si descrive, con mano esperta, non vi prosperassero miliardi di persone che vivono la fede. In quei libri, tra fantasia e storia, avviene come se la civiltà occidentale, inarrivabile e splendido prodotto del cristianesimo, non fosse la concreta manifestazione del discorso del Cristo che lascia questa terra: «Voi, miei discepoli, farete cose più grandi! di quelle che ho fatto io» (Cfr. Vangelo di Giovanni, Cap. 14, v. 12).
Perciò, cari amici, tutti quanti, che vi credete dominatori del sapere del mondo moderno dal quale traete abbondanti buoni guadagni andando in giro a suonare chitarrine e manovrare i testardi pupi dell’opera, trovate un po’ di pazienza per leggere qualche puntuale pagina di scienze dell’umanità. Siete pregati anche di sbarazzarvi, se ce la fate, degli irresponsabili deprimenti pregiudizi che nella vostra prima forte «formazione universitaria» avete ricevuto da spregiudicati filosofi (si fa per dire) fioriti nel seno del deserto illuminista. Come quel tale Tribbechovius (1719) che rimproverava alla Scolastica di essersi posta a servizio della teologia papale [Papaeae (sic)] o i facili motteggi deficienti di Rebelais, Locke, Fr. Bacon, Cartesio (!) riproposti in modo sfacciato anche nel mondo moderno che, ignorando le luminose scoperte del grande sapere medioevale, ne decretano la notturna millenaria durata.
E così chiudo questo mio breve discorso in attesa che qualcuno se ne accorga e… risponda. Grazie!
                                                        p. Antonino Stagnitta

Palermo 28 settembre 2012

Un Blog aggiornato ed interattivo

Caro Lettore,

nella speranza di farti cosa gradita ti informiamo che da oggi il blog  "Nuovissima Scolastica" sarà aggiornato con una frequenza periodica più dinamica, invogliandoti con i suoi contenuti a renderlo "partecipato": "interattivo" per l'appunto.
Per cui oltre alla lettura non limitarti nel commentare, porre domande o condividere con tutto il mondo della rete le tue considerazione su quanto qui troverai condiviso.
La tua partecipazione è gradita, anzi necessaria.
Con la certezza che ci ritroveremo presto ti saluto

Marco Strano
Amministratore del blog

Recensione all'"Anima nell'universo della Galassie"

Recensione all'"Anima nell'universo della Galassie"
Recensione del p. Francesco Cultrera s.j. al saggio sull'"Anima nell'universo delle galassie": La Civiltà Cattolica, 166/4 (2015), pp. 302-303