mercoledì 14 novembre 2012

Gli intrusi nella terra della conoscenza: anima, linguaggio, romanzi e computers


“Non si coglie la bellezza della rosa dissezionandone i petali”
 (un saggio pellerossa)



Il 17 Settembre 2012 Noam Chomsky, pluridecorato di fama mondiale, teorico del linguaggio e della comunicazione, ha ricevuto  alla SISSA di Trento la laurea “Honoris causa” in Neuroscienze cognitive. L’avrà certamente meritato: l’Università che lo decora riceve un bel lustro.
Un altro importante pensatore, Edoardo Boncinelli, neurobiologo, credo che aspetti qualcosa del genere da qualche prestigiosa Università, magari americana. Il merito sarebbe, finalmente, che si è scoperto che «l’anima è solo un’illusione»            ( Corsera 6.9.2012, p. 41).
Infine Ken Follett, esimio romanziere, si appresta ad incassare una collina di soldi per l’ultima storia romanzata: L’inverno del mondo. Egli afferma (Corsera “Sette” 7.9.2012, p. 32) di non essere per niente religioso, di non credere in Dio o nei segni del destino, e in tutte le superstizioni. «Le domande brucianti sul senso della vita» - confessa a E. Vigna, giornalista che lo intervista – «hanno avuto risposta nella mia gioventù, durante gli studi universitari di filosofia e, perciò – glissa – non avrei nulla di cui parlare col Papa, col Dalai Lama o con l’ayatollah Khamenei».
Sono tre figure diverse: un romanziere, uno studioso del linguaggio e un filosofo della mente. Ma la proprietà che li accomuna, in modo primario, è già dichiarata dal Follett: nessun credo religioso è la scelta culturale decisa nella propria formazione giovanile. Tale decisione li giustappone tutti, in modo ideale e romanzesco, nella più dignitosa scienza che definiamo non-euclidea: da principi affatto acclarati si procede verso la costruzione di varie scienze speculative e romanzi empirico – pragmatici.
Infatti, quando si dice che «l’anima è solo una illusione» e si colloca il ragionamento nel campo minato della «scienza che supera il dualismo tra la mente e il corpo» (Boncinelli) allora è parecchio chiaro di che scienza si tratti. E quando si discetta nel romanzo: Quel che resta dell’anima di «nozioni confuse e inverificabili che conducono al fiorire delle mitologie passate e presenti» sull’anima, allora il bel racconto è ben servito. E che dire poi se queste nozioni confuse «ci trascinano in una nebbia di frasi fatte (sottolinea mia) e pregiudizi (…) che attivano in noi reazioni immediate e poco razionali»?
Cosa è una nebbia di frasi fatte? Eccola: ciò che è inverificabile, una mitologia passata e presente, nozioni confuse, superamento di un credo religioso e infine, un’anima iperuranica…
Una frase  fatta significa confezionata senza alcun rigoroso “criterio di senso” e senza alcuna logica scientifica. E mi pare che la disamina che si fa in quel romanzo per sapere cosa resta dell’anima, nella sua nozione platonica, manifesta una enorme catasta di frasi costruite e fatte dalla raffinata e pressappochista platonico-mitologica neurofisiologia moderna. La dimostrazione è che tutti gli scritti dei ricercatori della disciplina  suddetta dicono le stesse cose copiandosi l’un l’altro con linguaggi spesso veramente raffinati.
Perciò, chi continua a dire certe cose sul problema dell’anima o mente o psiche o che diavolo sia è appaiato, e rigorosamente allineato, alla fraseologia di enunciati della tradizione neoplatonica, religiosa, ascetico-giansenista che in Sant’Agostino, come sottolinea nel romanzo lo stesso autore, ha trovato la sua esplicita radice. Le frasi fatte nella nebbia di corposi pregiudizi sono, perciò, prerogativa non certo della scienza genuina che sempre si rinnova, ma di romanzesche scritture confezionate da abili scrittori per il gran pubblico di scettici bigotti. Di tutto ciò ne è chiara espressione la grande gaia confusione che si fa sul tremendo problema dell’anima. Le «nozioni confuse e inverificabili» sono, per esempio, quelle che riguardano i rapporti tra la scienza e le fedi religiose. Infatti i contenuti delle fedi religiose, appunto perché credibili e «riposanti» ma ovviamente senza esperienza, non hanno nulla a che spartire con la ricerca scientifica, e viceversa. Una scienza che vuol mettere naso negli enunciati di una qualsiasi fede religiosa rischia il ridicolo di navigare in un mare alieno. Come una fede religiosa che voglia immischiarsi, come ai tempi di Galileo, in problemi della scienza precipita nella trappola dell’incompetenza.
Quando Joseph Le Doux, neuroevoluzionista di grido, a proposito dell’identità di ognuno di noi, dice: «tu sei le tue sinassi» ( canali vuoti tra elementi del cervello) e quando aggiunge, con allegra ignoranza, che Tommaso d’Aquino «credeva [….]  che il corpo resuscitasse e fosse ricongiunto all’anima nel Giorno del Giudizio», appaiando detti discorsi con la teoria antropologica tomasiana che sostiene che: le qualità intellettuali immateriali della mente garantiscono l’immortalità dell’anima, fa vedere che su questi argomenti deve imparare ancora parecchio prima di discettare con sufficienza e poca serietà scientifica. Quelli sono argomenti della fede e della scienza teologica e non dell’antropologia filosofica tomasiana come psicologia. Dice giusto lo stesso S. Tommaso, che studiò bene questo strano ed ingarbugliato rapporto, che: voler provare la fede con argomentazioni prese in prestito dalla ragione umana si rischia il ridicolo (Summa). In questo contesto il termine “fede” vale per i due campi del sapere e nei due versi: scienza e fede.
Spesso la ragione filosofica e scientifica ha le sue intuizioni fideistiche: la fede laica; oggi è sorta anche la morale laica. Esse, però, rischiano il ridicolo della contraddizione e il flop dell’antinomia. Infatti siamo alla presenza di una fides laica che invoca, guarda caso, una comprensione di stampo aristotelico cioè un empirismo più genuino di quello moderno (William James) o come si esprime Hillary Putnam: Aristotele dopo Wittgenstein.
Ma già ne abbiamo conferma dal gran fisico-filosofo Roger Penrose quando scrive, per esempio, che: «la nostra fede nel sistema dei numeri reali è stata ricompensata». Questa fede laica però raggiunge, di fatto e molto spesso, il fondamentalismo, il più razzista che si possa immaginare: quello dello scuro pregiudizio immobilista e discriminatorio. Ormai è da più di un secolo che sentiamo le lagne evanescenti empirico-positiviste e logico-empiriste, come a dire: la logica è il prodotto dei sensi attivati e circuminsessi dai neuroni cerebrali, e viceversa.
Ho sottomano un ilare e gaio discorso fideista di un bimestrale di scienze:         “ darwin” [sic] popolarizzato da uno che si dichiara, credo, scienziato, e che vuole discutere di «matematica e geometria della coscienza»: parole forti. Colà si afferma che: «per la prima volta una teoria scientifica prova [tenta] a spiegare come il caleidoscopio delle esperienze nasce da un pugno di materia grigia». Suppongo che questa materia grigia sia il cervello con la sua misteriosa corteccia che sembra produrre tutte le nostre belle esperienze, compresi gli stati mentali. E’, certo, una teoria, e quindi «essa non equivale ad una spiegazione. E tanto meno a una spiegazione in termini di leggi esprimibili matematicamente, come in fisica» (Anno 1, n. 4, (2004), pp. 36-38). Non riesco a capire a quale tipo di scienza appartenga tale teoria: mi informerò con Gödel.
È spiegato così il folle declino dogmatico della sapienza occidentale. Di queste condizioni culturali, immerse «in regioni prelogiche (…) ambigue, polisemiche, fino a considerare mistico ciò che è spesso solo confuso e contraddittorio», da parte di piccoli e saputelli personaggi che galleggiano nel mondo della ricerca scientifica, ne è piena zeppa tutta la terra nel chiaro soffocamento della verità. Il paraocchi fideista è appaiato all’arroganza e al dogmatismo della condizione psichica di molti scienziati. Essi, molto spesso, prendono in prestito dal Medioevo teologico, paradossalmente ed il modo inconscio, l’anselmiano credo ut intelligam io credo perché possa capire. Ma al posto della fides  (credo) «magica e religiosa» nel Cristo Risorto da morte sicura, si è sostituita la fides nelle dogmatiche subiettive e categoriche di parecchi processi scientifici affatto acclarati da prove apodittiche. Soprattutto si è rimpiazzata una profonda isterica avversione a Dio e al suo Cristo. Da lì poi si è proceduto, senza severa dialettica o alcun dignitoso e solido passaggio di rispetto della scienza e della logica e della ricerca scientifica, alla comprensione razionale (illuminismo) dei medesimi contenuti fideisti: un’autentica scienza non-euclidea che fa a meno di chiarificare i propri principi; altro che «pulizia semantica»!
Fin qui riconosco che il mio discorso è solo una semplice opposizione, molto epidermica, alle varie esposte osservazioni. Per andare in profondità nella discussione veramente scientifica dei problemi e dei grandi interrogativi sull’anima o mente o che diavolo sia, bisogna avere la pazienza di andare a consultare il mio: L’anima e i suoi prodotti. Da Darwin giurassico a Platone celeste, Editrice Domenicana Italiana (EDI), Napoli 2011, pp. 380. Lì si dipanano, con rigorosa pazienza ed attenzione, tutte le discussioni scientifiche che cercano di sapere cosa è  anima e il suo primo divino prodotto che è il linguaggio.
L’aver privilegiata la teoria aristotelico-tomasiana dell’anima “forma” del corpo umano significa solo far scendere dall’Iperuranio platonico e salire dagli Inferi della materia meteoritica una nozione di uomo che è semplicemente una grande misteriosa sintesi (unicum).
Le due realtà: anima-corpo, cervello-mente non sono altro che l’uomo, un vero meteorite parlante, un “essere” sintesi, un unicum. Questa mia carne con la sua sublime struttura biologica è qualcosa di spirituale: un Io, un’identità in un ammasso di cellule continuamente cangianti e profondamente rinnovantesi. Il corpo che oggi noi portiamo in giro non è più quello del bambino di molti anni fa. Questo mio cervello, carne muscoli ed ossa, non è affatto la struttura biologica di allora. «Se si stesse a sottilizzare sulle cellule, Dio sa che cosa è cambiato da allora ad oggi» (Umberto Eco, Kant e l’ornitorinco, 1997, p. 281). Così anche questo mio spirito, o anima o mente è profondamente carnale quando percepisce la gioia e il dolore, il piacere e tutti i bei gusti dei frutti di natura.
Mi pare, perciò, che sia proprio questo «inconoscibile mistero» (Dio sa) del cambiamento fisiologico-cellulare che sta a indicarci, con forza, l’esperienza concreta della nostra propria identità, pur nel cangiamento totale e irriconoscibile del mio corpo e della sua struttura cellulare, atomica e subatomica, che lo compongono.
E mi sembra che sia il momento di dichiarare una messa al bando di ridicoli discorsi positivistico - scettici, illuminati da una ragione nichilista che sta ancora a battere indefessamente l’acqua nel mortaio di viete e fasulle teorie psicologiche che tendono al basso. È necessario un rinnovamento culturale che faccia della concreta ricerca scientifica, senza orpelli di condizionamenti sociali logico-positivisti e neuropsichici di maniera, una regione pacata che ricerca solamente la verità dell’essere che siamo. Perchè essa, la verità, è una ragione metafisica, non certo sperimentabile con i sensi: il sole non gira, checché ne dicano i sensi e gli Inquisitori contemporanei, razzisti e vendicativi, carichi di spiegazioni magiche e  iperreligiose. E’ questa fantastica palla celeste che gira come una trottola, nel segno della stabilità, che abbraccia la splendida stella che è il nostro sole; alla faccia dei sensi.

***

         E Noam Chomsky, ormai super decorato e laureato col suo linguaggio «precipuo» prodotto della mente? Ken Follet super romanziere e le sue pagine di bei racconti di un mondo onirico e senza Dio?
         Di Chomsky, e delle sue molteplici simpatiche teorie linguistiche, si dice che «bisognerebbe pubblicare un libro al mese poiché egli modifica le sue teorie con cadenza pressoché mensile!» (F. Fabro, Il cervello bilingue,1996, pag. 235). Una delle tante sue teorie, elaborate assieme ai colleghi supertecnologi dell’Istituto di Tecnologia del Massachusetts (MIT), è chiamata «minimalismo; Governement and Binding»: la struttura mentale e neuronale (cervello) che riguarda il linguaggio è solo un piccolo modulo “ultra ristretto”, ma dalle caratteristiche di assoluta efficienza (…) che permette il formarsi “logico” e distinto del linguaggio sintattico nei lobi del cervello, per poi uscire nella fonazione e nella comunicazione.
         Il discorso del Nostro, evidentemente pre-scientifico, tende al basso, perché «non c’è niente di mistico nello studio della mente come studio dei meccanismi [biochimici] del cervello a un livello astratto (…). Il mentalismo contemporaneo, col suo “stato funzionale” (…), è un passo avanti nell’assimilare la psicologia e la linguistica alle scienze fisiche» (Linguaggio e problemi della conoscenza, 1991, p. 10).
         Il linguaggio sarebbe, quindi, per tanti studiosi moderni «la caratteristica precipua dell’uomo che lo distingue dalle macchine (di Turing ?!) e dagli animali: una facoltà che gli deriva dal suo organo più sviluppato, il cervello, e che permette all’uomo di pensare, di generare idee e di esprimerle». E più  avanti, quando sarà passato, forse, un mese, scrive: «Nel corso della storia della scienza moderna ci sono stati tentativi di dare risposta a domande che oggi ci sembrano superate come, per esempio, la possibilità che esista una materia pensante» (Discorso per l’honoris causa, 2012). Mi domando: allora l’uomo cosa è: un angelo? O forse un meteorite che parla senza pensare? Tutto superato…
         Il discorso di Chomsky pare che dica: queste sono le teorie che oggi circolano negli ambienti della ricerca scientifica rigorosamente positivista ed empirista. Io, però, mi permetto di star sospeso, non facendo tifo per nessuno, ma tendendo verso il basso della fisica (materia) e della biologia (cervello): obiettivismo fisicista. Diceva giusto Baget Bozzo: «vien da sorridere! Se vi è una categoria che ha tenuto corda nel gioco in tutto questo periodo (XX secolo) è la Materia. Ma la Materia che non è la Ule aristotelica priva di forme [materia prima] ma è la madre mediterranea che genera, per sua forza, continuamente i suoi figli. Il materialismo riprende il suo concetto di materia dal mito e non dalla metafisica».
Ecco, quindi, il gran pregiudizio materialista dilagante per tutto il XX secolo ed oltre per cui tutto si spiega dal basso, cioè dalla struttura dell’evento. Ma è proprio dalla fisica che viene il colpo decisivo al mito della materia onniprovvidente: dalla quantistica con il suo principio di indeterminazione e dal flop del principio evoluzionista ormai scopertosi una grande oscena teoria che fa litigare, di bello, gli stessi suoi cultori (cfr. Edelman-Dennett).

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         Con quanto detto non penso di aver spiegato granché né di aver dato argomentazioni efficaci per ridimensionare e battere il mito materialista addolcito con positivista, fisicista, ecc.). E neppure suppongo di aver fatto buona luce sull’equivoco dilagante delle neuro-(scienze) non-euclidee: me ne guardo bene. Ma, per cercare di capire, da diversa saggia angolazione, la prosopopea ostinata del “gran sviluppo delle neuroscienze che hanno reso finalmente ingombranti e superflui” le nozioni sull’anima e suoi prodotti, primo il linguaggio, invito eventuali lettori a sfogliare il mio: Linguaggio e comunicazione,  manifestazioni primarie della conoscenza, Editrice Domenicana Italiana (EDI), Napoli (prima di Natale) 2012, pp. 180 circa. Grazie!
E di Ken Follett e dei suoi vivaci romanzi nei quali non si fa mai il nome del Padre Eterno e del suo amato Figliuolo  Gesù Cristo? Come se nel mondo che lì si descrive, con mano esperta, non vi prosperassero miliardi di persone che vivono la fede. In quei libri, tra fantasia e storia, avviene come se la civiltà occidentale, inarrivabile e splendido prodotto del cristianesimo, non fosse la concreta manifestazione del discorso del Cristo che lascia questa terra: «Voi, miei discepoli, farete cose più grandi! di quelle che ho fatto io» (Cfr. Vangelo di Giovanni, Cap. 14, v. 12).
Perciò, cari amici, tutti quanti, che vi credete dominatori del sapere del mondo moderno dal quale traete abbondanti buoni guadagni andando in giro a suonare chitarrine e manovrare i testardi pupi dell’opera, trovate un po’ di pazienza per leggere qualche puntuale pagina di scienze dell’umanità. Siete pregati anche di sbarazzarvi, se ce la fate, degli irresponsabili deprimenti pregiudizi che nella vostra prima forte «formazione universitaria» avete ricevuto da spregiudicati filosofi (si fa per dire) fioriti nel seno del deserto illuminista. Come quel tale Tribbechovius (1719) che rimproverava alla Scolastica di essersi posta a servizio della teologia papale [Papaeae (sic)] o i facili motteggi deficienti di Rebelais, Locke, Fr. Bacon, Cartesio (!) riproposti in modo sfacciato anche nel mondo moderno che, ignorando le luminose scoperte del grande sapere medioevale, ne decretano la notturna millenaria durata.
E così chiudo questo mio breve discorso in attesa che qualcuno se ne accorga e… risponda. Grazie!
                                                        p. Antonino Stagnitta

Palermo 28 settembre 2012

Recensione all'"Anima nell'universo della Galassie"

Recensione all'"Anima nell'universo della Galassie"
Recensione del p. Francesco Cultrera s.j. al saggio sull'"Anima nell'universo delle galassie": La Civiltà Cattolica, 166/4 (2015), pp. 302-303